Picasso, la leggenda continua

CRUZ (CROCE) SULLA TRAGEDIA E RISCATTO DELLA CONDIZIONE UMANA DI MASSIMO FACCINI

Massimo Faccini, propone con esplosiva potenza l’irruente forza del toro, simbolo della Spagna e delle sue tradizioni, cifra distintiva nell’opera di Pablo Picasso (1881-1973). Il toro è allegoria del Minotauro (figura metà umana e metà taurina della mitologia greca di ascendenza cretese), mostruosa presenza mitica e tragica della cultura mediterranea e indice della primitiva bestialità.

Picasso coniuga la violenza brutale alla bellezza delle forme massicce e possenti del toro: è il suo alter ego che smembra a blocchi, e il suo tormento plastico tracciato con linee sovrapposte attraverso il quale il grande genio evoca un autoritratto psichico dalla irruente carica sessuale. Il suo toro è il principio rigeneratore dell’arte dal potere apotropaico che incarna le oscure forze dell’inconscio, è al tempo stesso, vittima e carnefice dell’uomo. Il toro, nella sua natura selvaggia, sottende il legame di Picasso con la propria terra e con le sue tradizioni culturali, diventando una metafora della necessità di cambiamento per la sopravvivenza. È simbolo di libertà erotica e mentale. Il toro affascina Picasso per la sua placida potenza, temuto e venerato come un dio da diverse culture, è un animale fiero che tutto travolge per assecondare il proprio istinto sessuale, capace di lottare fino alla morte, si impone sulla ragione per difendere la sua libertà.

Le corride e la Tauromachia nascevano dalla lotta ritualizzata dell’uomo contro l’animale che, nella cultura europea, esprime la forza bruta e l’istinto sfrenato per la sopravvivenza. Questo è il tema prediletto di numerosi disegni tematici di Picasso dal 1933 al 1935. Il toro di Picasso è sottosopra, prima apparentemente statico, poi in movimento, se disegnato nella caduta sembra pronto a rialzarsi per attaccare chi lo minaccia. È un archetipo vitale dell’umana natura.

Da questo impeto vitalistico di riscatto della belva ruvida e selvaggia prende forma e si genera nel colore il toro di Massimo Faccini, non copia del simbolo picassiano nelle contraddizioni che l’animale incarna dall’alba dei tempi, bensi strumento cognitivo per indagare il processo dinamico della lotta tra ordine e caos, misura e sovversione, convergenza tra equilibrio e disordine, sublimando così nel gesto pittorico l’atto della creazione.

La sensualità cromatica del toro di Faccini, nell’atelier della Bottega Crespi, trasforma la tela in un’arena dove l’artista si esibisce per la prima volta nell’azione pittorica davanti a un pubblico, dipingendo dal vero il modello della forza distruttrice e ricreatrice nell’atto della sconfitta o della sopravvivenza, per esorcizzare la morte. Il suo modo di appropriarsi del toro picassiano è essenzialmente visivo.

A cinquant’anni dalla scomparsa del genio del XX secolo, a Mila-no, dopo le indimenticabili mostre ospitate a Palazzo Reale nel 2012, nel 2019 e nel 1953 quando fu esposta Guernica nella Sala della Cariatidi, nell’Atelier Crespi, laboratorio in cui si impara a disegnare, dipingere e plasmare arte all’ombra dell’Accademia di Belle Arti di Brera e della Pinacoteca, si rinnova il necessario ripensamento sulla contemporaneità di Pablo Picasso.

Questo animale per Faccini non è un toro, ma un presupposto formale per tracciare una pittura in cui segno, gesto e azione svi-luppano, in un crescendo cromatico, un tema classico dell’arte attraverso l’esibizione dal vivo dell’atto di dipingere un toro come prefisso creativo e la pittura stessa diventa espressione liberatoria del principio vitale di una spontaneità istintiva ma controllata. Il toro, in bilico tra sacrificio, difesa e attacco, nell’azione di Faccini mette in luce conflitti inconsci tra Eros e Thanatos, modi soggettivi in cui si attua la convergenza tra pensare e fare pittura che si manifesta attraverso la verifica del lavoro in costante tensione. Il suo toro incarna l’erotizzazione del dipingere.

Nelle sue pennellate vibranti si configurano mutazioni interne del colore, vorticismi formali e sospensioni in una concatenazione di linee, suggerite da gesti impulsivi e ordinati insieme, contenuti nell’immagine tesa a mettere in luce complessità gnoseologiche apparentemente fuori controllo con una pittura dai toni accessi. I suoi tori sembrano balzare fuori dalla tela da un momento all’altro, trasudano di una forza primigenia e suscitano pena se osservati nel loro titanico sforzo di sopravvivere alla ferocia umana. Bestie dai corpi massicci in torsioni quasi scultoree che dominano lo spazio, sono rappresentate in quattro dipinti e cinque disegni su carta, in una profusione di rosso, nero, arancione e giallo. In una delle opere prevale il grigio, il colore della melanconia e della saggezza – la zona grigia del cervello – che suggerisce una pausa di meditazione sul possibile riscatto dal desolante panorama
tragico del presente.

Il grigio è il colore dominante di Guernica (1937) di Picasso che rappresenta gli orrori della guerra civile spagnola e che, in Facci-ni, segna la fine e l’inizio della pittura come risultato di disciplina, o forse cura emozionale nel dipingere il toro. L’azione pittorica metaforicamente evoca un’anatomia del male, sul crinale di una imminente catastrofe umana.

Jacqueline Ceresoli

Massimo Faccini, nato a Milano il cinque settembre 1961. Figlio di un mercante d’Arte, è cresciuto tra le opere delle prime avanguardie del Novecento e tra i collezionisti e gli Artisti che frequentavano regolarmente la famiglia. Il disegno e la pittura sono per lui complementari nella ricerca di una cifra stilistica distintiva, in bilico fra astrattismo e figurazione di matrice postespressionista.

Colore, materia, segno, gesto e composizione sono i mezzi espressivi di una pittura dinamica e insieme contemplativa, carica di tradizioni culturali arcaiche con forti rimandi a una simbologia primitiva. Faccini è affascinato dalla cultura orientale giapponese e dal cal-ligrafismo: questo aspetto simbiotico tra pittura e scrittura è evidente in alcune opere ‘tematiche’ proposte in una mostra personale del 2021, tenutasi a Milano, presso lo spazio Amy-D in via Lovanio.

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